Lasciarsi toccare
Venerdì XXVI Settimana del Tempo Ordinario
Gb 38,1.12-21;40,3-5 Sal 138 Lc 10,13-16
“Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me…”. Disprezzare, in greco, è reso con “dichiarare nullo”, “venir meno alla parola data”. In questo caso, sta a significare il vanificare la volontà salvifica di Dio con la durezza di un cuore chiuso all’ascolto della sua Parola, dire no a Dio. La salvezza è cosa seria, chiede ascolto, chiede verità, chiede passione.
I versetti iniziali ci mostrano come i desideri della carne si oppongono all’opera santificatrice dello Spirito. Gesù ci parla del piccolo spazio lungo il mare di Galilea dove ha compiuto miracoli e ha fatto discorsi. Ma la maggior parte delle persone non accetta le sue parole e i suoi segni! Le tradizioni, le convinzioni accumulate nei secoli impediscono loro di convertirsi. Quando difendiamo noi stessi da ogni sollecitazione, mettiamo ostacoli allo Spirito. Il discepolo è chiamato a continuare l’opera del Signore, lasciandosi toccare nella sua umanità per poi parlare alto, parlare di Lui! In questa vocazione può essere ascoltato come essere disprezzato, non essere ricambiato, dichiarato nullo; ciò che lo salva è la consapevolezza di essere identificato con il suo Signore nel dono totale di sé nella gratuità.
Signore Gesù, come ci insegna Papa Francesco, liberaci dal pericolo di dire “Salvaci, Signore, ma a modo nostro!”.
Dalla Regola non bollata [FF 43]
I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio a e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio.
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