Il Santorale Francescano

La Parola di Dio è faccenda “da compagnia”. In compagnia della Chiesa, che ce l’ha trasmessa. In compagnia di tanti cristiani che, anche a proprio rischio, la leggono, la meditano e cercano di viverla. In compagnia di tanti santi: come sant’Antonio di Padova, che ad essa ha dedicato tutto se stesso, e la sua lingua, o come san Francesco, che se l’è trovata impressa nella carne! Come santa Chiara, che ne ha fatto la regola della vita sua e delle sue sorelle a S. Damiano. Come tanti santi francescani, frati, suore, laici: conoscerli ce li rende compagni di strada, giorno per giorno, possibilità concreta per noi di una vita vissuta per Dio e i fratelli. In una santità che trascina con sé tutto il “peso” della nostra carne, della nostra storia, dei nostri sogni e delle nostre fatiche. Come le belle illustrazioni di Luca Salvagno ci mostrano…

Maria Maddalena Martinengo, clarissa (1687-1737), beata

Margherita nasce a Brescia nel 1687, figlia di una coppia di nobile rango, Leopardo dei conti Martinengo e Margherita Secco d’Aragona. Orfana della madre, viene educata dalle suore Orsoline. Matura assai presto la vocazione alla vita religiosa, che riesce a realizzare entrando nel 1698 come educanda nel monastero agostiniano di Santa Maria degli Angeli, che raccoglie il fior fiore dell’aristocrazia femminile bresciana. La vita troppo agiata del monastero la induce a lasciarlo per la vita claustrale di rigida osservanza e di austero ascetismo del monastero delle clarisse cappuccine di S. Maria della Neve, nel quale entra come novizia nel 1705 prendendo il nome di suor Maria Maddalena. L’anno seguente prende i voti. Trascorre i primi anni cercando di fare dimenticare le sue nobili origini; si dedica alle faccende più umili del monastero, la cucina, la portineria… Nel 1723 è nominata maestra delle novizie e poi badessa. Si distingue per la grande carità verso le consorelle e un accentuato spirito di sacrificio e di penitenza verso se stessa. Portata alla contemplazione, gode di particolari espressioni mistiche e frequenti visioni; vive anche i dolori della Passione di Cristo, procurati da invisibili stigmate. Per obbedienza al suo confessore, scrive la propria vita con le straordinarie esperienze vissute. Muore di tubercolosi nel 1737.
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Messaggero di Sant'Antonio