Il Santorale Francescano

La Parola di Dio è faccenda “da compagnia”. In compagnia della Chiesa, che ce l’ha trasmessa. In compagnia di tanti cristiani che, anche a proprio rischio, la leggono, la meditano e cercano di viverla. In compagnia di tanti santi: come sant’Antonio di Padova, che ad essa ha dedicato tutto se stesso, e la sua lingua, o come san Francesco, che se l’è trovata impressa nella carne! Come santa Chiara, che ne ha fatto la regola della vita sua e delle sue sorelle a S. Damiano. Come tanti santi francescani, frati, suore, laici: conoscerli ce li rende compagni di strada, giorno per giorno, possibilità concreta per noi di una vita vissuta per Dio e i fratelli. In una santità che trascina con sé tutto il “peso” della nostra carne, della nostra storia, dei nostri sogni e delle nostre fatiche. Come le belle illustrazioni di Luca Salvagno ci mostrano…

Colette di Corbie, clarissa (1381-1447), santa

Colette Boëllet nasce a Corbie (Francia), il 13 gennaio 1381. Da bambina era affascinata dalla celebrazione liturgica dei monaci benedettini del suo paese. Verso i diciotto anni rimase orfana e orientatasi verso una vita di consacrazione, compì diversi tentativi presso le beghine, un monastero benedettino e le clarisse di Moncel, presso le quali rimase per poche settimane come conversa. Ma non riuscendo a trovare ciò che cercava, su consiglio del p. Pinet, francescano osservante, decise, rivestita dell’abito dell’Ordine francescano secolare, di vivere in un reclusorio. Insieme alla preghiera, attraverso una piccola finestra, ascoltava e consigliava quanti si rivolgevano a lei. E per circa quattro anni la sua vita fu plasmata da una preghiera fortemente ecclesiale che culminò in un’esperienza spirituale in cui si sentì interpellata, dinanzi alla corruzione della vita religiosa, a diventare riformatrice. Superate non poche resistenze anche personali a simile missione, fu presentata a Nizza a Benedetto XIII il 14 ottobre 1406, durante il grande scisma d’Occidente. Il papa, nella sua autonomia, le conferì l’abito di S. Chiara e il velo, nominandola abbadessa perpetua di tutti i monasteri riformati che fosse riuscita a fondare. Avute le bolle non fu facile attuarle nel difficile contesto della Guerra dei cent’anni in Francia e grazie a innumerevoli viaggi, tra eserciti, epidemie e travagli di ogni genere. Le fu messo a disposizione il monastero delle Clarisse di Besançon dove erano rimaste solo due monache. Notevole era la sua insistenza sulla povertà ed eguaglianza tra tutte le sorelle, abbadessa compresa, anche nei lavori.
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Messaggero di Sant'Antonio