4 ottobre 2016, SAN FRANCESCO D’ASSISI
Dal Vangelo
Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Dalle Fonti
Leggenda Maggiore II, 5: FF 1044
D’allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò la città, e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli arcani colloqui del cielo. E, mentre se ne andava per una selva, l’uomo di Dio Francesco, e cantava giubilante le lodi di Dio nella lingua di Francia, fu assalito dai briganti, sbucati all’improvviso. Costoro, con intenzioni omicide, gli domandarono chi era. Ma l’uomo di Dio, pieno di fiducia, rispose con espressione profetica: «Io sono l’araldo del gran Re». Quelli, allora, lo percossero e lo gettarono in un fosso pieno di neve, dicendo: Sta lì, rozzo araldo di Dio». Mentre se ne andavano, Francesco saltò fuori dal fosso e invaso dalla gioia, continuò a cantare con voce più alta le lodi in onore del Creatore di tutte le cose, facendone riecheggiare le selve.
Alla vita
L’«araldo» Francesco possiede e proclama il segreto del «gran Re»: umiltà, povertà e mitezza manifestano il volto del Figlio, il quale conosce il volto del Padre. Quel Padre che vuole rivelarsi ai «piccoli», cioè gli umili, gli oppressi, coloro che non hanno voce, coloro che non contano, non hanno conoscenze, né possibilità. All’immagine «imperiale» e vittoriosa di un Dio potente, presente ai tempi di Gesù tanto quanto ai tempi di Francesco (e la tentazione resiste anche ai nostri tempi), il vangelo sostituisce l’immagine di un Dio «mite e umile di cuore», capace di portare un giogo come ogni uomo e donna che si riconoscano nella loro fragilità. Ma qui sta l’onnipotenza divina: quel «giogo» riconosciuto come «Suo» porta ristoro, perché guarisce dall’immagine del “dio dei nostri sforzi”, delle nostre organizzazioni e delle nostre vittorie e ci dona invece il vero volto di Dio, che si piega su di noi e guarisce le nostre fatiche.
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