La Regola di santa Chiara: povertà e lavoro (capitoli 6-7-8)
La Regola di santa Chiara è suddivisa in 12 capitoli. Proprio al centro di questo documento è collocato il cuore dell’esperienza di Chiara e delle sue sorelle, il capitolo 6, a cui le Fonti Francescane danno il titolo: “Del non avere possessi”. Chiara ha deciso di vivere l’altissima povertà scelta ed abbracciata da Francesco, ma mentre quest’ultimo la vive nel mondo, giardino aperto e sconfinato, Chiara la fa sua nelle dimensioni limitate della clausura.
La novità dirompente e sconvolgente per la Chiesa di quel tempo fu proprio la radicalità nel modo di vivere questa povertà: Chiara sceglie infatti di «non ricevere o avere possessi o proprietà» (RsC 6,12: FF 2791) né a titolo personale né in comune. I Monasteri, allora, erano ricchi di proprietà che garantivano alle monache quelle rendite necessarie per una sicurezza ed un tenore stabile di vita, ma questo non rientrava nella scelta di Chiara e Francesco di abbandonarsi con fiducia alla provvidenza del Padre delle Misericordie, così la caparbia e la tenacia di Chiara la ebbero vinta anche sulla prudenza comprensibile e molto umana della Madre Chiesa, al punto da ottenere anche il “Privilegio della Povertà”, cioè la codifica scritta di «non poter essere costrette da nessuno a ricevere possessioni» (Priv 7: FF 3279). Ma torniamo alla Regola.
Con una specie di scatola cinese, Chiara racchiude ed incastona nel cap. 6 due frammenti del progetto di Francesco per le Povere Dame di San Damiano, la forma di vita: «Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto di avere sempre di voi, come di loro, per mezzo mio e dei miei frati cura diligente e sollecitudine speciale» (RsC 6,3-4: FF 2788), e la sua ultima volontà: «Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine. E prego voi, mie signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. E guardate con grande cura di non allontanarvi mai da essa, in perpetuo e in nessuna maniera, per insegnamento o consiglio di alcuno» (RsC 6,7-8: FF 2790). Ecco i cardini imprescindibili della vita clariana: il legame con Francesco e la sua fraternità e l’altissima povertà. Tanto imprescindibili che Chiara per parlarne sceglie addirittura di lasciare la voce a Francesco stesso, quasi a voler rimarcarne la paternità sulle Damianite. D’altra parte, ricordiamo che all’inizio della Regola Chiara dice che la «Forma di vita dell’Ordine delle sorelle povere» è «istituita da Francesco» (Rsc 1,1: FF 2750)!
E come sostenersi in questa altissima povertà? Attraverso «la grazia di lavorare» (RsC 7,1: FF 2792), con «un lavoro che sia onesto e di comune utilità» che però non estingua «lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire» (RsC 7,2: FF 2792). E poi «mandino con fiducia per l’elemosina… perché il Signore per noi si fece povero in questo mondo» (RsC 8,2-3: FF 2795). Tutto ha senso perché l’ha vissuto prima il Figlio di Dio che «per noi… si è fatto via» (TestsC 5: FF2824), e diventa un modo di tradurre quel «non si approprino di nulla» (RsC 8,1: FF 2795) perché certe di essere custodite nelle mani forti e tenere del Padre.
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.