Dalla crescita della fratellanza alla “Regola non Bollata”
Altri, in quel mentre, vollero unirsi alla fratellanza; arrivò Giovanni della Cappella e lì restò, così come fece, poco dopo, Barbaro e dietro di lui Bernardo Vigilante; arrivò poi da Rieti il nobile Angelo Tancredi, raggiungendo il numero di dodici, tanti quanti gli apostoli di Cristo.
Francesco, che aveva sperimentato l’ostilità del mondo esterno al suo ambiente, in particolare quella della comunità cristiana, dovendo ora farsi carico dei discepoli che si erano formati intorno a lui, disponibili e pronti all’opera apostolica, comprese che non vi era altra soluzione se non quella di chiedere al Papa di riconoscere quella comunità ed accreditarla nel seno della Chiesa.
Dettò, quindi, al dotto Pietro Cattani, una breve “Regola” di vita, quasi interamente composta da brani tratti dai libri dei Vangeli, aggiungendovi, in forma semplice e sintetica, delle norme utili e necessarie ad uniformare il comportamento degli aderenti alla fratellanza. Con quella inedita “formula di vita”, scritta su una sgualcita pergamena, arrotolata e legata al cordiglio, Francesco, insieme con gli altri undici, mosse alla volta della città Eterna.
Al seguito di Bernardo da Quintavalle, incaricato per l’occasione di guidare la spedizione, seguendo la valle di Spoleto, raggiunsero Roma. Ma una volta là, quella “fratellanza” dovette rendersi conto di quanto fosse arduo essere ricevuti dal vicario di Cristo. Non riuscendo in alcun modo a venirne a capo Francesco, superando non pochi ostacoli, riuscì ad introdursi nel palazzo papale e a raggiungere la sala dello “Speculum” ove vi era, assorto nelle sue meditazioni, Innocenzo III.
Preso di soprassalto, turbato da quell’incappucciato che esibiva un volto accigliato e barbuto, scalzo, con il corpo raccolto in un ruvido saio a croce, il Papa, ritenendolo un adepto di chissà quale setta eretica, chiamando a sé le guardie, lo cacciò via con sdegno, senza neanche la clemenza di ascoltarlo.
Francesco e i suoi compagni presero atto, allora, che l’unica strada possibile per ottenere un’udienza dal Papa fosse quella diplomatica: bisognava che qualcuno, influente in quegli ambienti austeri, si facesse carico del loro progetto. Quella la strategia, ma come fare? Roma per quella dozzina di fraticelli era un ambiente, se non nuovo, estraneo, freddo, se non ostile e, per quanto città abituata ad ogni stravaganza, quando i frati giravano a frotta suscitavano non poco scalpore e in qualcuno, in particolare nelle giovani donne e nei bambini, anche un po’ di terrore.
Era a Roma, in quei giorni, per disbrigare pratiche relative alla Diocesi, il Vescovo Guido, col quale, fortunatamente, nei pressi del Laterano, Francesco e la sua brigata s’incontrarono. Guido, informato sulla volontà della Fratellanza, volle metterli in relazione col benedettino cardinale Giovanni Colonna di San Paolo, vescovo di Sabina, prelato di alto grado nel Collegio Cardinalizio e ascoltato Consigliere del Papa. Quella “formula evangelica”, sinteticamente contenuta nella Regola, così aderente alla vita ispirata da Cristo, entusiasmò Giovanni.
Egli ne parlò, dunque, in curia al Papa, il quale convocò Francesco, accogliendolo questa volta con benevolenza e, dopo aver dato ascolto alle sue richieste, si riservò di valutare e prese tempo. Riunì il Collegio Cardinalizio e in quella assise Giovanni di San Paolo riuscì a far prevalere la tesi sull’ utilità e i vantaggi per la Chiesa di Roma di annettere, nel proprio corpo, un “Ordine” di Penitenti, la cui esperienza di vita era la testimonianza visiva della possibilità di concretizzare su questa terra una civiltà evangelica coerente col Verbo di Cristo, principio fondante e meta ultima della missione apostolica della Chiesa.
Argomentazione che incise per la positiva, pur se prudente, apertura alla Regola del Collegio Cardinalizio e del Papa, sul quale si narra che, in una di quelle notti, ebbe un sogno ove vide Francesco sostenere la Basilica Lateranense minacciata di crollare, salvando dalle rovine la casa di Dio. Pertanto, dopo meditate riunioni, a somma di valutazioni e di presagi, Innocenzo fece richiamare Francesco e i suoi compagni, gli conferì il mandato di diffondere liberamente la parola del Signore ed ordinò che a quei frati laici fosse incisa sulla testa, per renderli universalmente riconoscibili come appartenenti alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, una piccola chierica.
(da “Nacque al mondo un Sole” di Nicola Savino/10)
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