Domenica 29 maggio 2016, SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO
Dal Vangelo
Luca 9, 11b-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Dalle Fonti
1 Celano, 89: FF 475-476
Simile a un fiume del Paradiso, il nuovo evangelista di questo ultimo tempo, ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per il mondo intero, e con le opere ha additato la via e la vera dottrina del Figlio di Dio. Così in lui e per suo merito, il mondo ritrovò una nuova giovinezza e una insperata esultanza, e il virgulto dell’antica religione ha subito rinnovato rami, che erano ormai vecchi e decrepiti. Gli eletti furono riempiti di uno spirito nuovo e dell’abbondanza della grazia, quando questo santo servo di Cristo, come astro celeste, ha irradiato la luce della sua originale forma di vita e dei suoi prodigi. Tramite Francesco si sono rinnovati gli antichi miracoli, quando nel deserto di questo mondo è stata piantata una vite feconda, che produce, mediante un modo di vita nuovo, ma fedele agli antichi, fiori profumati di sante virtù e stende ovunque i tralci della santa religione.
Alla vita
Con magistrale, salutare, divina (auto)ironia il figlio dell’uomo (si) inizia (con) i suoi alla incessante sorpresa in-sorgente dai gesti sobri e ordinari del suo operare, quanto dalle figure e-vocate nel suo parlare. Paradossale, pertanto, la verità propria alla sapienza celeste, il cui intento si dispiega interamente nella elezione a soglia dell’inedito di ciò che fino a quel momento appariva incontrovertibile crepa nella immaginazione discepolare del messia regale: dalla mancanza cosa mai potrà venire di buono? (Gv 1,46). Eppure, sommessamente ma definitivamente come solo il dis-chiudersi della verità di Dio sa, proprio qui ha luogo il godimento sovrabbondante della con-divisione!
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