Domenica 24 aprile 2016, Vª DI PASQUA
Dal Vangelo
Giovanni 13,31-33a.34-35
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Dalle Fonti
1 Celano, 65: FF 436
Pellegrinando per diverse e vaste regioni ad annunciare il Regno dei Cieli, Francesco giunse un giorno nella città di Toscanella. Qui, mentre, secondo il solito, spargeva il seme della salvezza, un cavaliere del luogo gli offrì ospitalità nella sua casa. Il figlioletto di lui, l’unico che aveva, era zoppo e tanto gracile da dover restare ancora nella culla, pur avendo oltrepassato l’età dell’allattamento. Vedendo quell’uomo di Dio così ripieno di santità, il cavaliere si gettò ai piedi di lui e umilmente gli chiese che glielo guarisse. Il Santo si riteneva del tutto indegno e incapace di una simile grazia e a lungo si rifiutò; ma poi, vinto dalle insistenti implorazioni di quel poveretto, acconsentì. Dopo aver pregato, stese le mani sul fanciullo, lo benedisse e lo invitò a levarsi; quello immediatamente, tra la gioia dei presenti, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, balzò dal suo giaciglio e cominciò a camminare perfettamente risanato.
Alla vita
E, come il nome, nel cui stile incomparabile l’opera del Padre assume forma compiuta, anche il comandamento giunge im-posto; sì, ma non come impostura arbitraria di un crudele tiranno. “L’amore dell’amante, infatti, non ha altra parola per esprimersi se non il comandamento” (Rosenzweig), all’imperativo, come l’invocazione del supplicante! Comandare l’amore significa e-vocarne l’accadere e, ad un tempo, in-vocarne la sua signoria: puro evento che, imprevedibilmente, squarcia i cieli di esistenze ottuse e chiuse su se stesse (Is 63,19; Mc 1,10; 7,18ss; 8,14-25; At 7,56; Ap 19,11; 21,25) e fa nuove tutte le cose (Is 43,18s; Gal 6,15; 2Cor 5,17; Ap 21,5). Non programmabile il suo avvento (o, ‘e-venire’), né ri-producibile serialmente al modo di una catena di montaggio; ancor meno, fabbricabile da una qualche forma ascetico-mistica di tecnica spirituale. L’amore, nella sua autenticità, si coniuga sempre all’imperativo, sorgivo del nuovo escatologico (Mc 2,21s): ad im-partire la grazia di percorsi inediti ed insperati – per quanto impegnativi (Mc 8,34ss; 10,28ss; Lc 9,57ss; Gv 1,43) – di fraternità pacificata ed edificata sulla parola mite del principe della pace.
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