G come… gregge!

G come… gregge!

A noi, al giorno d’oggi, probabilmente farci dare dei “pecoroni” non è esattamente un complimento. E del resto anche sentirci rinfacciati di essere intruppati come tante pecore in un gregge, sa più di conformismo e mancanza di originalità, nonché di poco senso di responsabilità personale, che non di apprezzamento per la docilità alla massa. Rifuggiamo da questo linguaggio, come dal pensare che dovremmo seguire docilmente un qualcun altro che ci sarebbe e ci farebbe da “pastore” (salvo, evidentemente, seguire acriticamente il vip o la star di turno, la moda o il pensiero unico che fa trend…). Evidentemente, invece, molti greggi (di pecore, ma anche di mucche e cammelli) scorazzano qua e là nella Bibbia: da Abele, il primo che ci risulta si fece pastore (Gen 4,4), ad Abramo, che se ne partì da Carran con tutti i suoi beni, e perciò anche con i greggi (Gen 12,5), a Giacobbe, che pensò di rabbonire il fratello Esaù donandogli «duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle, che allattavano, con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti asine e dieci asinelli» (Gen 32,15-16). Anche quando Israele di fatto si sedentarizzerà, non potrà dimenticarsi questo retaggio storico e il linguaggio corrispondente, per cui si percepirà sempre in cammino come «gregge di Dio» (cf. Sal 23; 80,2; 100,3; Ez 34,31). Di volta in volta amorevolmente custodito e guidato da Dio suo pastore (cf. Sir 18,13; Is 40,11; 1Pt 5,2) o, per propria colpa, abbandonato da lui (cf. Is 53,6; Ger 50,6). E comunque chi si dovrà occupare del popolo, a nome e per conto di Dio, non potrà che essere ad immagine e somiglianza di quel Pastore, a cui direttamente renderà conto (cf. Ger 23,1; Ez 34,10).
Gesù stesso utilizzerà questo linguaggio, e del resto proprio i pastori dei greggi furono i primi ad andare a visitarlo alla capanna di Betlemme (Lc 2,8): «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore» (Gv 10,14)! Non c’è perciò nessuna “massificazione” nel linguaggio che ancora si usa nella Chiesa, anche se bisognerebbe però tornare al vero senso simbolico che questa terminologia ha nella Sacra Scrittura
Se le cose stanno così, anzi, proprio perché stanno così, Francesco e Chiara, che pure esperienza diretta di greggi ai loro tempi ne dovevano aver fatta abbondantemente (anzi, un gregge di pecore addirittura salutò Francesco «alzando le teste e belando»: 3Cel 31: FF 854), non temono di utilizzare lo stesso linguaggio. «Piccolo gregge», ad imitazione del piccolo gregge evangelico che non deve temere (Lc 12,32), sono i frati (2Cel 23: FF 609; cf. LegM 3,6: FF 1057; Anper 18: FF 1508), ma anche le povere signore che dimorano a S. Damiano (TestsC 46: FF 2841). E, allo stesso modo, pastori “incaricati” da Dio, lo sono Francesco (Gregorio IX, Mira circa nos 5: FF 2724) e Chiara (RsC 4,9: FF 2776).
E tu, di che gregge sei?
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/32)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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