Partire dalla meta!? “Il Padre delle misericordie”
Fa strano, me ne rendo conto, e magari potrebbe sembrare anche un po’ triste iniziare questo cammino di condivisione sulle orme di Santa Chiara d’Assisi partendo da un testamento… È però mia convinzione che, quando ormai si sa che manca poco alla contemplazione faccia a faccia del volto del Signore, siano poche le parole da dire, pochi i discorsi superflui da fare, si vuole andare all’essenziale, a ciò per cui abbiamo vissuto e per cui, ora, vale la pena morire. Per questo desidero cominciare dalla fine, perché il Testamento di Chiara è certamente il documento di maggior rilievo autobiografico, denso di ricordi personali e comunitari, vi è racchiuso l’essenziale. Chiara è al termine della sua vita, la sua Regola, in cui vi è tutta se stessa, tutta la sua passione per Cristo, per Francesco e per le sorelle, non è ancora approvata dalla Chiesa (otterrà conferma solo due giorni prima della sua morte, il 9 agosto 1253). Il Testamento nasce dalla volontà di Chiara di lasciare alle sorelle, presenti e future, almeno uno scritto che ricordi loro il suo pensiero, sa che, dopo la sua morte, c’è il rischio che il suo vissuto a S. Damiano sia travisato, in fondo ha visto travisare da molti proprio il pensiero di Francesco. Chiara è malata, sente venir meno le forze e detta il suo Testamento, le sue ultime volontà. Quali sono queste ultime volontà, i valori essenziali, le cose che le importano veramente? Mi pare che il programma di vita di Chiara sia tutto racchiuso in questi quattro punti cardine: la relazione e l’abbandono fiducioso nelle braccia del «Padre delle misericordie», il rapporto con Francesco, la povertà e la grazia della fraternità.
Mi soffermerò unicamente sul primo punto. Così Chiara scrive nel suo Testamento: «Nel nome del Signore. Amen. Tra gli altri benefici, che ricevemmo e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali dobbiamo maggiormente rendere grazie allo stesso glorioso Padre, c’è la nostra vocazione» (FF 2823), continua: «dobbiamo considerare gli immensi benefici di Dio a noi elargiti (…), non solo dopo la nostra conversione, ma anche quando eravamo nella misera vanità del mondo» (FF 2825); e racconta la «copiosa benevolenza di Dio verso di noi», e «la sua sovrabbondante misericordia e carità» (FF 2828)… E molte altre sarebbero le citazioni doverose, ma vi invito a prendere in mano questo testo meraviglioso per gustarne, per intero, la bellezza!
Per Chiara tutto è dono, tutta la sua esistenza è un’eucarestia, un “rendere grazie”, che è celebrazione della propria vita come risposta al dono di Dio. Si volge al passato nella consapevolezza di aver tutto ricevuto dal “Donatore, il Padre delle misericordie”. Il Dio della Santa di Assisi è bontà e misericordia, continuamente proteso verso la sua creatura per donarle se stesso nel Figlio suo Gesù Cristo.
Il Testamento è impregnato dello stupore di Chiara per le opere grandi e gratuite del suo Signore: è Dio che “genera” nella Chiesa il piccolo gregge delle sorelle di san Damiano (v. 46); è Lui che mette nel loro cuore la volontà di “fare penitenza” (v. 24); è la sua grazia che dà la possibilità di custodire i suoi comandamenti e di rendergli moltiplicati i talenti (v. 18); è Lui che moltiplica le sorelle a San Damiano (v. 19) spargendo il «profumo della loro buona fama» (v. 58); è Lui che può donare la perseveranza finale.
Quella di Chiara e delle sue sorelle è dunque di una vita posta sotto il segno della gratuità, in una passività attiva che esige il dono totale di sé. Chiara è la vera povera poiché nulla possiede e tutto riceve. Il povero ama nella gratuità perché si sente amato per niente, quindi effonde liberamente sugli altri quell’amore che, per sola grazia del Donatore, sente traboccare nel suo cuore; non cerca di possedere l’altro perché è libero da ogni proprietà! Il contrario dell’amore non è l’odio, ma il possesso!
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