Per i giovani: un cantiere verso il cielo
«Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: “Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande”. Rispose Abram: “Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco”. Soggiunse Abram: “Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede”. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: “Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede”. Poi lo condusse fuori e gli disse: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle”; e soggiunse: “Tale sarà la tua discendenza”. Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia».
[Genesi 15,1-5]
Tornando da Brindisi verso il mio convento, durante le 8/9 ore di treno, mi tornava in mente questo passaggio della vicenda di Abramo.
Il «nostro padre nella fede» ha ricevuto da Dio la triplice promessa: terra, discendenza e benedizione. Vi ha creduto ed è partito (cfr. Gen 12,1-6). Ma dopo un po’ di tempo e traversie, questo avventuriero mediorientale si ritrova stanco e in difficoltà. Soprattutto: questa storia di avere figli… non trova uno sbocco. Abramo si è pure organizzato: ha adottato e nominato erede un suo servo di fiducia; ma lo avverte chiaramente come un ripiego.
Credo che in molti siano giunti a Brindisi con sentimenti o domande consonanti con le fatiche di Abramo. Ci siamo ritrovati lì in tanti: 540 tra preti, educatori, giovani, religiose/i e vescovi, raccolti a Convegno dal Servizio nazionale di pastorale giovanile della CEI dal 9 al 12 febbraio u.s. Di questi tempi un po’ per tutti il lavoro formativo e il rapporto con giovani e adolescenti è un’«emergenza» che lascia facilmente sconsolati in una, almeno apparente, infecondità educativa.
A tracciare la via dei lavori, però, ci attendeva un titolo strano, evocativo: «Il cantiere e le stelle», deliberatamente ispirato a Le città invisibili di Italo Calvino. Per quattro giorni ci siamo mossi tra relazioni, laboratori, preghiera, metodologie… sollecitando la testa, il cuore e la fede, stringendo conoscenze e legami con persone ed esperienze nuove.
Alla fine credo che ciascuno si sia portato a casa qualcosa tra «Pensiero e pratiche della progettazione educativa». Grande è stata l’insistenza sull’imparare a impastare insieme l’esigenza di educare con progettualità e metodo… senza ripiegarsi sul progetto, ma mantenendo lo sguardo all’orizzonte alto e (ir?)raggiungibile del cielo. Le stelle… appunto: la loro luce coraggiosa e il loro numero infinito. Le stelle di Calvino e quelle di Abramo. Le promesse di Dio per i nostri giovani e per noi.
Per essere fecondo, il nostro patriarca biblico (anche dopo la “rassicurazione delle stelle”) fa ancora qualche tentativo maldestro e povero di fede: come avere un figlio dalla schiava Agar. Una soluzione che, come sappiamo, crea più problemi di quanti ne avrebbe potuto risolvere (cfr. Gen 16).
Probabilmente anche noi, frati, preti, educatori, faremo ancora qualche mossa goffa nelle nostre azioni educative con e per i giovani. Ma abbiamo messo a fuoco in modo più chiaro a condiviso che per educare alla vita e alla fede – alla vita di fede – occorre tenere insieme due cose: l’umiltà dell’incarnazione in una progettualità ben curata e lo slancio fiducioso verso il destino grande che il Signore ci riserva nel futuro che appartiene a lui solo.
Il sole della Parola divina e le stelle di sapienza dei nostri padri nella fede facciano luce ai nostri passi.
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