Gv 18,33b-37

C’era una volta un re

C’era una volta un re

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18,33b-37).

XXXIV domenica del tempo ordinario – anno B – Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo – «— C’era una volta…. — Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori. — No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno…»: persino nel mondo delle favole ad un certo punto c’è stato qualcuno che ha messo un punto di rottura/non ritorno con la stantia banalità del Re protagonista del racconto (Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, 1883). Anche la solennità proposta dalla liturgia nell’ultima domenica dell’anno liturgico – seppur nata in un preciso e conflittuale momento storico per noi un po’ remoto e oggi di non facile comprensione – rimanda alla suggestione di un titolo “regale” riferito a Cristo, che però va compreso nella sua essenza dirompente e di rottura con l’immaginario significato collettivo.

Il brano evangelico giovanneo proposto per questo “anno B” mette proprio in luce lo smarrimento e la fatica di questo cambio di significato: è Ponzio Pilato colui che è testimone smarrito di questo cambio di prospettiva. Il processo davanti a Pilato ha nell’evangelista Giovanni un notevole sviluppo e significato teologico, con lo scopo di mettere in luce la novità della regalità di Gesù. Regalità che solo nella tragedia della passione si manifesterà pienamente.

  1. Pilato dialoga fuori coi giudei sul capo d’accusa (18, 28-32).
  2. Gesù e Pilato, all’interno, dialogano sulla dignità regale (18, 33-38a).
  3. Pilato, fuori, proclama l’innocenza di Gesù; i giudei reclamano Barabba (18, 38b-40).
  4. Gesù è incoronato di spine dentro il pretorio (19, 1-3).
  5. Pilato riconduce Gesù ai giudei e lo dichiara innocente fuori dal pretorio (19, 4-7).
  6. Pilato interroga Gesù, all’interno, sulla sua origine: Da dove sei tu? (19, 8-11).
  7. Pilato proclama Gesù “re dei giudei” (Ecco il vostro re… Metterò in croce il vostro re?), ma viene accusato dai giudei di porsi contro Cesare (19, 12-16).

Tutti gli evangelisti riportano la domanda: “Sei tu il re dei Giudei?”, ma solo Giovanni riporta il dialogo tra Pilato e Gesù, mentre i sinottici riportano solo una breve risposta di Gesù, che da quel momenti si chiude in un misterioso silenzio simile a quello del Servo sofferente di Isaia (53,7). La risposta di Gesù rappresenta il vertice del dialogo: egli afferma che il suo regno non è di origine terrena, ma viene dall’alto, è spirituale, non si fonda sulla potenza umana. Nel lessico giovanneo la verità consiste esattamente nella piena rivelazione della bontà del Padre.

La regalità di Cristo è al di sopra di ogni regalità terrena perché giunge a sacrificarsi per liberare il popolo dal pericolo assoluto: la morte! E infatti l’unica corona che cingerà il suo capo sarà una dolorosa corona di spine.

Per Francesco d’Assisi l’aspetto della regalità era più vicino all’esperienza socio-religiosa da lui vissuta nel medio-evo: già lo scorso anno lo rimarcammo nell’aspetto più fantasioso di considerarsi l’ “araldo del gran Re”. Bonaventura tratteggia un passaggio delicato della conversione di Francesco, legato all’idea di regalità “generosa e povera” testimoniata da Cristo:

«Quando, in seguito, [Francesco] ebbe comunque riacquistate le forze del corpo e mutato in meglio lo spirito, incontrò inaspettatamente un cavaliere, nobile di stirpe, ma povero di sostanze. Reso memore di Cristo, re generoso e povero, si sentì spinto verso quell’uomo da una pietà così grande che depose i propri vestiti decorosi e appena acquistati e subito, spogliando se stesso, ne rivestì l’altro» (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda minore, I,III : FF 1332).

«Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei re e nella regina sua Madre» (Leggenda maggiore, VII,2 : FF 1118).

E nella Leggenda dei tre compagni:

«Mentre un giorno [Francesco] stava nel suo negozio, tutto intento alla vendita delle stoffe, venne da lui un povero a chiedergli l’elemosina per amore di Dio. Essendo tutto preso dalla cupidigia del guadagno e dalla preoccupazione dell’affare, egli ricusò l’elemosina al mendicante. Subito, come folgorato dalla grazia divina, rinfacciò a se stesso quella grande villania, dicendo: «Se quel povero ti avesse domandato qualche cosa per un grande conte o barone, certamente gli avresti dato quanto chiedeva. A maggior ragione dunque avresti dovuto farlo per il Re dei re e il Signore di tutti». Per questo motivo, da quel momento propose in cuor suo di non rifiutare mai più quanto gli venisse domandato in nome di un Signore così grande» (Leggenda dei tre compagni, FF 1397).

Secondo le fonti, a santa Chiara malata e morente venne offerta la visione del Re della Gloria:

«Volgendosi a sé la vergine santissima parlava in silenzio alla sua anima: «Va’ sicura – disse – perché avrai una buona guida di viaggio. Va’, perché chi ti ha creato, ti ha santificato e, custodendoti sempre come una madre custodisce suo figlio, ti ha voluto bene con amore. Tu, Signore che mi hai, creato – soggiunse –, sii benedetto». E quando qualcuna tra le sorelle le chiese a chi stesse parlando, rispose: «Io parlo all’anima mia benedetta»(76). Né stava lontana quella guida gloriosa. Infatti, voltandosi verso una delle figlie, disse: «Vedi anche tu, o figlia, il re della gloria che io vedo?» (Vita di Santa Chiara, 46 : FF 3252)

Frate Antonio di Padova nei suoi scritti apre lo scrigno della sua sapienza biblica offrendo bagliori inconsueti:

«Gesù Cristo, re dei re, nostro Davide, che ci ha liberati dalla mano dei nostri nemici, si alzò quando uscì dal seno del Padre, e andò a sedersi alla porta, cioè si umiliò nel grembo della beata Vergine Maria, della quale dice il profeta Ezechiele: “Questa porta sarà chiusa e non sarà aperta, e nessuno vi passerà perché vi è passato il Signore, Dio d’Israele. E sarà chiusa al principe; il principe stesso sederà in essa, per mangiare il pane davanti al Signore” (Ez 44,2-3). Osserva che dice: “sarà chiusa al principe” e “il principe stesso sederà in essa”. Al principe di questo mondo, cioè al diavolo, fu chiusa (cf. Gv 12,31), perché la sua mente non si aprì mai ad alcuna delle sue tentazioni; e solo il vero principe, Cristo, sedette in essa nell’umiliazione della carne che da lei assunse, per mangiare il pane davanti al Signore, cioè per compiere la volontà del Padre: Mio cibo è fare la volontà del Padre mio (cf. Gv 4,34). E a tutto il popolo fu annunciato per mezzo degli apostoli che il re stava seduto alla porta, vale a dire che aveva assunto la carne dalla beata Vergine Maria. E così tutto il popolo dei penitenti e dei fedeli si radunò davanti al re, pronto ad obbedire in tutto e per tutto ai suoi comandi» (Sermone domenica III dopo Pentecoste, 5).

Capito chi è il Re, si cerchi il suo Regno:

«“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Il regno di Dio è il bene supremo: per questo dobbiamo cercarlo. Lo si cerca con la fede, con la speranza e con la carità. La giustizia (la santità) di questo regno poi consiste nel mettere in pratica tutto ciò che Cristo ha insegnato. Cercare il regno di Dio, vuol dire praticare questa giustizia con le opere. Cercate, quindi, prima di tutto il regno di Dio, vale a dire ponetelo al di sopra di tutte le cose: tutto dev’essere fatto in vista di esso, nulla dev’essere cercato all’infuori di esso, e ad esso dev’essere ordinato tutto ciò che cerchiamo. E fa’ attenzione che nel vangelo è detto “vi saranno date in aggiunta”, perché tutte le cose appartengono ai figli, e quindi tutte queste cose saranno date anche a coloro che non le cercano. E se a qualcuno vengono negate, si tratta di una prova; e se vengono elargite, ciò viene fatto perché siano rese grazie a Dio, poiché tutto concorre al loro bene (cf. Rm 8,28)» (Sermone domenica XV dopo Pentecoste, 15).

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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