O come… orma!

O come… orma!

Chi di noi è cresciuto con il Manuale delle giovani marmotte (ma ultimamente ho trovato un libro che ripropone la stessa cosa tra le cinquanta da fare prima di compiere 13 anni!) non può certo dimenticarsi il paragrafo dedicato al riconoscimento delle orme degli animali. Partire da un’impronta più o meno chiara per immaginarsi il bestione che l’aveva impressa nel fango… Immaginarsi di seguirle con fiuto indiano fino a scorgere almeno da dietro l’essere che le aveva lasciate, certo a bella posta perché io me ne accorgessi e le seguissi… Di fronte ad un orma senti di partire in una situazione di inferiorità, come se il suo autore fosse in vantaggio sulla tua ignoranza. Certo, per noi esseri civilizzati non è più così necessario saper leggere un’orma.
Per gli ebrei, invece, fu facile utilizzare l’immagine dell’orma per narrare del loro rapporto con Dio. Che è fatto più che di reciproche obbligazioni, di compagnia, di cammino: di strada fatta assieme, i due partner, quello umano e quello divino. Talvolta appaiati, altre l’uno che prende in braccio l’altro. Ma la maggior parte delle volte con l’uomo che arranca dietro il suo Dio: che sia pure lui a fare il ritmo e a segnare la direzione! Tutto sommato, il navigatore cellulare era già stato inventato… Così Giobbe per proclamare la sua innocenza davanti a Dio non trova di meglio che affermare che «alle sue orme si è attaccato il mio piede, / al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato» (Gb 23,11). E la stessa immagine, se è possibile ancora più “mistica”, viene usata dal Cantico dei Cantici (Ct 1,8). Percorsi imprevedibili, quelli di Dio, difficile stargli dietro a volte, per cui la Bibbia registra anche la possibilità per l’uomo di non farcela: «Sul mare la tua via, / i tuoi sentieri sulle grandi acque, / ma le tue orme non furono riconosciute» (Sal 77,20).
Mette una pulce nell’orecchio che anche Francesco e Chiara usino spesso l’immagine biblica delle orme, preferendo il linguaggio evangelico della sequela a quello (posteriore) dell’imitazione: «La regola e la vita di questi fratelli è la seguente, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo […]» (Rnb 1,1: FF 4; cf. Rnb 22,2: FF 56; 2Lf 13: FF 184; TestsC 36: FF 2837); «Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo […]» (LOrd 50-52: FF 233; cf. LfL 3: FF 250); «Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo portò materialmente, così anche tu, seguendo le sue orme, specialmente quelle dell’umiltà e della povertà, senza alcun dubbio lo puoi sempre portare spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale […]» (3LAg 24-25: FF 2893).  Il riferimento per entrambi è però biblico: «A questo infatti siete stati chiamati, perché / anche Cristo patì per voi, / lasciandovi un esempio, / perché ne seguiate le orme» (1Pt 2,21). Nessuna impresa titanica, solo l’umiltà e la fiducia in chi ci cammina davanti…
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/82)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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