V come… velo!

V come… velo!

Siamo abituati a pensare le suore sempre con il velo in testa. Magari di varie tonalità tra il nero e il blu, ma anche di altri più o meno improbabili colori, diversamente lungo, annodato alla contadina dietro la testa, o abbondante a coprire orecchie e fronte. Complicato in alcuni casi da un soggolo, una fascia bianca che avvolge testa e collo. Ci sa un po’ da Medioevo, e a ragione: praticamente dalla “moda” femminile del tempo arriva di fatto il velo delle nostre suore. Basta scrutare con attenzione qualche antico affresco per convincersene. Del resto basterebbe sfogliare l’album delle foto delle nostre nonne per sorprenderle pure esse velate, soprattutto se dovevano partecipare alla s. messa. Usanza che ancora oggi, soprattutto nei paesini, sopravvive. Usanza che tanto ci stupisce quando vediamo una donna musulmana.
Segno di umiliazione e di povertà, per certi versi anche di nascondimento della bellezza femminile, portato a volte con civetteria dalle stesse suore, il velo sembra comunque un accessorio imprescindibile. Sorprende allora scoprire che nelle Fonti Francescane, a proposito di santa Chiara, praticamente non se ne parla mai. Il che non vuol dire che Chiara e le povere signore di S. Damiano non fossero velate. Lo intuiamo dalle più antiche raffigurazioni di santa Chiara, ma anche dai racconti della sua fuga da casa: quando i parenti furibondi la raggiungono al monastero di S. Paolo delle Abbadesse, dove Francesco l’ha rifugiata, «lei, aggrappandosi alle tovaglie dell’altare, si scopre il capo rasato» (LegsC 5: FF 3173). Cioè, se si scopre il capo vuol dire che prima se l’era coperto. Ma poi, e niente di meno che nella Regola, non ne fa menzione, neppure parlando degli abiti delle suore, se non per l’accenno che «nessuna sia velata durante il tempo della prova» (RsC 2,15: FF 2761), preoccupata piuttosto della povertà degli indumenti che non degli accessori (cf. RsC 2,25: FF 2765). Saranno invece le revisioni papali alla Regola ad entrare nei minimi particolari: «Si coprano il capo con uniformità e modestia, con bende o veli di panno comune, del tutto bianchi, non preziosi o ricercati, di modo che rimangano coperti la fronte, le guance, il collo e la gola, come si addice alla loro onestà e Religione, né osino comparire altrimenti davanti alle persone estranee. Abbiano anche un velo nero, né prezioso né ricercato, steso sulla testa, così ampio e lungo che scenda fino alle spalle da entrambe le parti e dietro scenda un poco oltre il cappuccio della tonaca. Le sorelle novizie invece devono portare un velo bianco della stessa misura e qualità. Le serviziali, o sorelle, portino poi in capo, a modo di velo, un panno bianco, non prezioso o ricercato, di tanta lunghezza e ampiezza che possa coprire le spalle e il petto, specialmente quando escono» (Regola di Urbano IV 4,10-11: FF 3328). Un po’ di libertà se n’era andata? Preoccupazioni solo maschili? Confusione tra accessorio e fondamentale, segno e messaggio?
Così san Paolo era sistemato: «Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna preghi Dio col capo scoperto?» (1Cor 11,13). Almeno finché si avvererà la profezia di Ezechiele: «Straccerò i vostri veli e libererò il mio popolo» (Ez 13,21)…
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/48)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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