e se bastasse fermarsi? | Leggere la parola di Dio con S. Francesco e S. Chiara nella vita di tutti i giorni
Lc 10,38-42

e se bastasse fermarsi?

e se bastasse fermarsi?

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e
una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria,
la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.

Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse:
«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?
Dille dunque che mi aiuti».
Ma il Signore le rispose:
«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno.

Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Lc 10,38-42

La bellezza di un racconto che mette in luce come anche la semplicità di un evento ordinario, semplice, familiare possa nascondere lo straordinario. Gesù passa, si ferma tra chi lo ospita con immediatezza e semplicità. Non è però un momento di svago o riposo: anche quello diventa momento per lasciare tracce di Vangelo, buona-notizia! E la notizia buona per tutti noi, trasmessaci da due “leggendarie” sorelle è questa: l’ospitalità è sacra e va onorata, ma la sacralità dell’incontro con Dio che si ferma nella nostra casa “è la parte migliore”.

“La parte migliore”, non la parte buona in contrapposizione all’altra (servire) non-buona. Qui il confronto è tra cose buone, doverose, “sante”… E nel buono – che resta comunque tale – si può individuare persino ciò che è “migliore”.

Già gli esegeti ci informano doverosamente che «il confronto tra la vita attiva e la vita contemplativa esula dal significato del nostro passo evangelico; esso deriva da una rilettura attualizzante, fatta da alcuni Padri della Chiesa, a scopo esortativo. L’accento del racconto evangelico cade invece sull’importanza essenziale dell’ascolto della Parola. Gesù prende lo spunto da una situazione materiale per proporre un insegnamento spirituale sulla preziosità del regno di Dio» (A.Poppi, Sinossi e commento esegetico-spirituale dei quattro evangeli).

Non tanto – dunque – l’antitesi vita-attiva/vita-contemplativa, ma oggi più che mai sintesi di una necessità avvertita sempre più urgentemente da una umanità costretta da ritmi giornalieri e settimanali spesso insostenibili: fermarsi!

Un dettaglio che spesso sfugge nei commenti al Vangelo di Luca è che Maria si ferma ai piedi di Gesù… ma solo perché anche Gesù si è fermato a casa sua! Maria è discepola del Maestro, perché anche lei fa come Lui: si ferma!

Un aneddoto racconta di come moltissimi anni fa un giornalista si fosse recato a Taizé per comprendere da vicino il fenomeno religioso suscitato dalla testimonianza di frére Roger Schutz. Stupito da tanto seguito soprattutto tra larghe fasce giovanili da tutta Europa e oltre, l’uomo si lascia interrogare dalle manifestazioni di ospitalità, solidarietà, semplicità che osserva a Taizé. Nonché dai lunghi e composti e intensi momenti di preghiera, silenzio, canto, ascolto… Arriva quindi il momento di poter intervistare questo piccolo e umile uomo di Dio, frére Roger. “Ma qual è il suo segreto per riuscire ad ottenere questo?” – chiede a fr. Roger – “Che cosa avete fatto?”. “Non saprei…” – rispose l’uomo di Dio – “…noi ci siamo solo fermati in ginocchio…!”.

Decenni più tardi don Tonino Bello dirà a modo suo: «Diciamo la verità: è probabile che noi si faccia un gran servizio alla gente, molta diaconia, ma spesso è una diaconia che non parte da quella tavola. Solo se partiamo dall’eucaristia, da quella tavola, allora ciò che faremo avrà davvero il marchio di origine controllata, come dire, avrà la firma d’autore del Signore. Attenzione: non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose. Dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione. La contemplattività, con due t, la dobbiamo recuperare all’interno del nostro armamentario spirituale» (Cirenei della gioia)

Secoli prima, in pieno medio evo, Francesco d’Assisi aveva compreso a modo suo la profondità e bellezza della buona notizia annunciata nella casa di Marta e Maria. La tradizione ecclesiale era ricchissima di modelli di vita eremitica, ma l’eremo proposto da Francesco intende rinnovare il silenzio contemplativo e le amorevoli sollecitudini della casa di Betania, dove «Maria, sedutasi ai piedi di Gesù , ascoltava la sua parola. Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi» (Lc 10,39-40). Accogliendo l’esegesi tradizionale, Francesco ha intravisto nelle due sorelle i due versanti complementari dell’amore evangelico, quello che cerca in Gesù il volto del Padre, e quello che cerca nei fratelli e nelle sorelle il volto di Gesù . Con l’approfondimento del rapporto madri-figli e l’aggiunta della lode liturgica, il programma di vita per l’eremo francescano è già compiuto.

Con una straordinaria visione nuova e profetica: i ruoli di Marta e Maria non sono esclusivi – come talvolta accadeva in certe dinamiche di vita monastica – ma sono intercambiabili: perché a tutti sia dato di sperimentare “la parte migliore, che non ci è tolta”.

REGOLA DI VITA NEGLI EREMI – Coloro che vogliono stare a condurre vita religiosa negli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi facciano da madri e abbiano due figli o almeno uno.
I due che fanno da madri seguano la vita di Marta, e i due figli seguano la vita di Maria. E questi abbiano un chiostro, nel quale ciascuno abbia una sua piccola cella, nella quale possa pregare e dormire. E sempre recitino la compieta del giorno subito dopo il tramonto del sole, e cerchino di conservare il silenzio e dicano le ore liturgiche e si alzino per il mattutino, e prima di tutto cerchino il regno di Dio e la sua giustizia. E dicano prima all’ora conveniente e dopo terza sciolgano il silenzio e possano parlare e recarsi dalle loro madri. E quando loro piacerà, potranno chiedere ad esse l’elemosina, come dei poverelli, per amore del Signore Dio. E in seguito dicano sesta e nona; e i vespri li dicano all’ora conveniente. E nel chiostro, dove dimorano, non permettano che entri nessuna persona e neppure vi mangino. E quei frati che fanno da madri procurino di stare lontani da ogni persona e, per obbedienza al loro ministro, custodiscano i loro figli da ogni persona, così che nessuno possa parlare con loro. E questi figli non parlino con nessuna persona se non con le loro madri e con il ministro e custode, quando avrà piacere di visitarli con la benedizione del Signore Iddio. 

I figli però talvolta assumano l’ufficio di madri, come a loro sembrerà opportuno disporre di avvicendarsi secondo le circostanze, cercando di osservare con attenzione e premura tutte le cose dette sopra. (FF 136-138)

Se vuoi, dai uno sguardo agli orientamenti pastorali della Diocesi di Padova per il 2016/2017 dal titolo “In questa sosta che la rinfranca…” cliccando qui oppure qui

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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