Sabato XIII Settimana del Tempo ordinario
Gen 27,1-5,15-29 Sal 134 Mt 9,14-17
Dice Gesù a Nicodemo: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3)
Tra gli evangelisti, Matteo è quello che più di tutti sottolinea l’aspetto della nuzialità di Cristo, che ama la sua chiesa, proprio come uno sposo la sua sposa. La venuta del Messia come sposo dell’umanità dà senso a tutta la storia, trasformandola in storia di salvezza. Il pezzo di stoffa grezza sul vestito vecchio rappresenta quel tentativo un po’ goffo dell’uomo di coprire, con le apparenze, ciò che invece ha bisogno di un profondo rinnovamento interiore. Spesso si preferisce un “rammendo” del cuore, pur di evitare la fatica di scendere in profondità, accettare umilmente il limite – proprio ed altrui – lasciando che sia il Signore a guarire e portare pace. È il rapporto con lo Sposo che dona al cuore il desiderio di rinnovarsi profondamente, come a una sposa di farsi trovare bella. Sentirsi profondamente amati così come si è, apre il cuore al desiderio della novità e del cambiamento secondo la volontà di Dio.
Dalle Laudi e preghiere [FF 277]
Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio.
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