Lunedì IV Settimana di Pasqua
At 11,1-18 Sal 41 e 42 Gv 10,1-10
“Io sono la porta delle pecore” (Gv 10, 7)
La voce di Gesù, pastore “buono”, “bello” (cf v. 11), si fa strada nel cuore dell’uomo, viene riconosciuta vera, e per questo capace di “spingere fuori” da ogni falsa immagine di sé e di Dio. Sono sue pecore tutti coloro che ascoltano la sua voce, che si lasciano chiamare per nome, entrando in una relazione intima e personale con Lui. In questa relazione con Gesù, porta delle pecore, si entra nel vero tempio, nella vera relazione con Dio. I Vangeli ci descrivono questa porta come una porta stretta. Il Signore chiama infatti a rinnegare se stessi, a prendere la propria croce, al dono di sé. Ma chi si mette in ascolto di questa parola, riconosce in essa una parola che attira perché parola vera, buona, bella, che ha il sapore della vita in abbondanza.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 591]
Francesco […] lasciava i luoghi pubblici e frequentati, desideroso della solitudine, e qui spessissimo era ammaestrato dalla visita dello Spirito Santo. Era infatti strappato via e attratto da quella sovrana dolcezza che lo pervase fin dal principio, in un modo così pieno da non lasciarlo più finché visse […]. «Francesco, – gli disse Dio in spirito – lascia ormai i piaceri mondani e vani per quelli spirituali, preferisci le cose amare alle dolci e disprezza te stesso, se vuoi conoscermi. Perché gusterai ciò che ti dico, anche se l’ordine è capovolto». Subito si sentì come indotto a seguire il comando del Signore e spinto a farne la prova.
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