Venerdì XXXI Settimana del Tempo Ordinario
Rm 15,14-21 Sal 97 Lc 16,1-8
«Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16)
A una prima lettura, Gesù sembra lodare, attraverso la parabola, la disonestà dell’amministratore. L’ultima frase del padrone scioglie il possibile malinteso: “I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”. Il tema è l’importanza di essere “scaltri” (in greco la parola è “phrónimos”= “prudente”, “saggio”). Nel momento in cui si trova alle strette, il “cattivo amministratore” protagonista della parabola non ha bisogno di molto tempo per trovare una strada di salvezza. Per prima cosa si dice con onestà cosa non è disposto a fare: “Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno”. Poi riconosce ciò che conta davvero: “che ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Così cerca tra i suoi mezzi ciò che può avvicinarlo agli altri e “perde” la sua ricchezza, data dalla maggiorazione dei prezzi, per farsi degli amici. Davanti al rischio di perdere se stesso non ci mette molto a capire cosa veramente vale e a darsi da fare in quel senso. Davvero scaltro!
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 356] Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di divino fervore, esclamò : «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!». Si affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; non sopporta indugio alcuno a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito.
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