Venerdì I Settimana di Avvento
Is 29,17-24 Sal 26 Mt 9,27-31
“Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura” (Is 42,16)
Questo episodio si svolge in due luoghi diversi: prima la strada, poi la casa. Gesù, per strada, si sta allontanando e due ciechi lo inseguono: è come se stessero rincorrendo, gridando e faticando, quell’ultima opportunità di vita e di luce che si presenta loro. Tuttavia procedono insieme, e questo ci ricorda anche la forza della fraternità che sostiene il cammino. Gesù si ferma, entrando in casa con loro. Allora, in questo clima di calore, di maggiore intimità, non c’è più bisogno di gridare, ma si può parlare con più calma e confidenza. Il Signore avvia con loro un dialogo partendo dal loro desiderio di pietà, di riconciliazione, di compassione, di amore paziente (hesed: misericordia). Il suo amore paziente guarisce, ridona occhi nuovi sulla vita, dona forza alla fede personale e luce per il cammino. “Gli umili” dice Isaia “si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele”.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 784] San Francesco praticava tutte le devozioni, perché godeva dell’unzione dello Spirito, tuttavia provava uno speciale affetto verso alcune forme particolari di pietà. Fra le altre parole, che ricorrevano spesso nel parlare, non poteva udire l’espressione «amore di Dio» senza provare una certa commozione. Subito infatti, al suono di questa espressione «amore di Dio» si eccitava, si commoveva e si infiammava, come se venisse toccata col plettro della voce la corda interiore del cuore.
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