Giovedì XXV Settimana del Tempo ordinario
Ag 1,1-8 Sal 149 Lc 9,7-9
Allora domandò loro: “Ma voi, chi dite che io sia?” (Lc 9,20)
Poche righe oggi ci presentano la figura del tetrarca Erode. Mentre Matteo e Marco riportano più ampiamente l’episodio del martirio del Battista, nel vangelo di Luca lo deduciamo dalle stesse terribili parole di Erode. Tuttavia l’accento qui è posto sull’interrogativo: “chi è dunque costui?”. Ritorna la stessa domanda sull’identità di Gesù: sulla bocca degli scribi e farisei (cfr. 5,21), ma anche dei discepoli: “Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?” (8,25). Anche la folla fatica a capire e ad accogliere Gesù come Figlio di Dio. Molti lo associano al Battista, o ad Elia, o gli antichi profeti, cioè a qualcuno che parla in nome di Dio denunciando il male e il peccato. Ognuno cerca di capire Gesù partendo dalle proprie idee, aspettative, speranze. Ma sono sempre criteri limitati e insufficienti, perché Gesù è sempre più grande.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1237] Francesco, ormai confitto nella carne e nello spirito, con Cristo sulla croce (…) diceva ai frati: “Incominciamo, fratelli, a servire il Signore Dio nostro, perché finora abbiamo combinato poco”. Ardeva anche d’un gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per servire, come da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo fervore il corpo ormai consumato dalla fatica.
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