Giovedì I Settimana di Avvento
Is 26,1-6 Sal 117 Mt 7,21.24-27
«Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 28)
Le parole possono portare frutto o rimanere sterili: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore…” Non è detto che i – pur buoni – propositi, discorsi, ideali, diventino poi scelte concrete. Ma, ancor prima della parola detta, c’è qualcosa che la precede, ed è l’ascolto: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica…”. Gesù qui propone l’immagine efficace delle fondamenta. Scavare e porre le fondamenta su un terreno roccioso richiede molta fatica. Mettersi in ascolto, e poi vigilare sui propri atti, scelte, atteggiamenti concreti, perché rispecchino la logica del Vangelo, richiede molta fatica, proprio come scavare la roccia. S’incontrano molte resistenze e durezze: chiusure, egoismo, orgoglio, paura di rischiare. Il profeta Isaia ci offre una parola che consola e fa sperare: non è la forza di volontà o il genio umano a prevalere. La roccia eterna è il Signore: è lui stesso che rade al suolo la città eccelsa, cioè tutto ciò che presume di essere “in alto”. E i piedi dei poveri e degli oppressi la calpestano: chi si fida totalmente di lui, cammina e resta saldo.
Dalla Leggenda Perugina [FF 1658] Francesco, con l’aiuto del Signore, fondò se stesso e la sua casa, vale a dire l’Ordine, da sapiente architetto, sopra solida roccia, cioè sopra la massima umiltà e povertà del Figlio di Dio, e lo chiamò Ordine dei frati minori. Sopra la massima umiltà. Per questo, nei primordi, quando i frati presero a moltiplicarsi, volle che abitassero nei lazzaretti a servizio dei lebbrosi. […] nella massima povertà. Infatti, nella Regola è fatto obbligo ai frati di vivere nelle loro abitazioni come stranieri e pellegrini, senza nulla voler possedere sotto il cielo all’infuori della santa povertà, grazie alla quale il Signore li nutre quaggiù di alimenti corporali e di virtù, e in futuro otterranno l’eredità celeste. Costruì dunque se stesso sulle fondamenta di una perfetta umiltà e povertà.
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