Giovedì XXII Settimana del tempo ordinario
Col 1,9-14 Sal 97 Lc 5,1-11
“Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti” (Is 6,5)
Gesù ammaestra le folle dalla barca che, come una cattedra, ospita il Maestro. Ma Luca non insiste tanto sul contenuto del discorso né sulla reazione della folla che ascolta, radunata sulla spiaggia. Piuttosto si concentra sul rapporto tra Gesù e Simon Pietro. All’inizio la reazione di quest’ultimo è prevedibile: da esperto pescatore, sa bene che le ore notturne sono quelle più opportune per la pesca. Tuttavia si fida del Signore e, alla logica e all’esperienza, antepone la forza e la potenza della parola di Gesù. Ecco perché, dopo il miracolo, si getta ai suoi piedi. Non è tanto un gesto di contrizione o memoria dei peccati, quanto uno slancio pieno di consapevolezza: quanto è indegno l’uomo davanti al mistero di Dio!
Dai Fioretti [FF 1915] Frate Lione udì la voce di santo Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e con le mani levate al cielo, e in fervore di spirito sì dicea: «Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?». E queste medesime parole pure ripetea, e non dicea niuna altra cosa.
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