B come… bue!

B come… bue!

«T’amo, pio bove!»: la poesia di Giosuè Carducci dirà ormai poco alla maggior parte di noi. Perché il bovino in oggetto, una volta talmente parte del panorama di ogni campagna da aver ispirato il proverbio «donne e buoi dei paesi tuoi», è praticamente scomparso dal nostro immaginario. La Bibbia testimonia della presenza di questo animale nella vita quotidiana del popolo ebraico, con accenti e descrizioni che probabilmente andrebbero bene per qualsiasi altro luogo o paese di allora e fino a non tanto tempo fa. A cominciare dal principale loro impiego, che era per arare: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi» (Gb 1,14), annuncia un messaggero di cattive notizie a Giobbe. L’altro utilizzo classico era quello per tirare carri pesanti, e persino carichi dell’arca dell’alleanza (2Sam 6,6). L’animale è talmente prezioso e utile che tra lui e il suo padrone si può instaurare persino una relazione di affetto: «Il bue conosce il suo proprietario» (Is 1,3; il paragone con l’uomo e Dio è purtroppo a sfavore dell’uomo, che in questo è peggio del bue). Averne tanti è inequivocabile segno di ricchezza, anche perché vuol dire avere molta forza lavoro (cf. Gb 1,3; Tb 10,10; Nm 7,6). Ma comunque uno è di diritto per tutti, anche per poveri e vedove. Gesù stesso dà per scontato che chiunque ne possegga uno: «non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?» (Lc 13,15). È considerato un bene primario, da non invidiare al pari di donne, campi, schiavi e asini (Dt 5,21), e addirittura «quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre» (Es 3,4). E perciò è tipico delitto dei malvagi approfittarne: «prendono in pegno il bue della vedova» (Gb 24,3). Anche il bue parteciperà alla sorte ultima del suo padrone, sia in senso negativo, «le stalle rimarranno senza buoi» (Ab 3,17), sia come segno dei tempi nuovi, quando «il leone si ciberà di paglia, come il bue» (Is 11,7).
Anche le campagne umbre dovevano essere popolate da buoi. Nelle Fonti Francescane veniamo a conoscenza in particolare dei due posseduti da quello che diventerà frate Giovanni il semplice. Un racconto che ci concilia del tutto con il mite animale da cui siamo partiti. Siamo nei pressi di Assisi: «Mentre Francesco passava accanto a un borgo nelle vicinanze di Assisi, gli andò incontro un certo Giovanni, uomo semplicissimo che stava arando nel campo, e gli disse: “Voglio che tu mi faccia frate, perché da molto tempo desidero servire Dio”. Il santo ne provò gioia, considerando la sua semplicità, e rispose secondo il suo desiderio: “Se vuoi, fratello, diventare nostro compagno, da’ ai poveri ciò che possiedi e ti accoglierò dopo che ti sarai espropriato di tutto”. Immediatamente scioglie i buoi e ne offre uno a Francesco. “Questo bue – dice – diamolo ai poveri! Perché questa è la parte che ho diritto di ricevere dai beni di mio padre”. Il santo sorrise e approvò la sua grande semplicità. Appena i genitori e i fratelli più piccoli seppero la cosa, accorsero in lacrime, addolorati più di rimanere privi del bue che del congiunto. “Coraggio! – rispose loro il santo –. Ecco, vi restituisco il bue e mi prendo il frate”» (2Cel 190: FF 776).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/67)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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